Fino a qualche settimana fa, pensavo a Booking.com come ad un moderno ed inattaccabile colosso del web, a volte irrispettoso certe altre strafottente, ma con una forza incontrastabile destinata a perdurare nel tempo.
Un “nemico” impossibile da sconfiggere.
Proprio per questo motivo, e per la sua capacità di fagocitare prenotazioni su prenotazioni a ritmi mai visti fino ad ora nel mondo della ricettività, ho cercato spesso di integrare questa piattaforma all’interno di una strategia più ampia, che prevedesse per la struttura ricettiva di “sfruttare” quella stessa forza (e soprattutto quel budget pubblicitario) tanto spropositata quanto inavvicinabile.
Il piano era tanto semplice quanto efficace:
Basandomi sul “percorso classico” dell’utente che cerca la migliore soluzione per il proprio soggiorno, l’obiettivo dichiarato era quello di posizionare la struttura nella serp di Booking.com in modo da renderla visibile agli occhi dell’utente.
Questo perché, nonostante quello che in diversi credono, a parole chiave generiche corrispondono ricerche generiche e, nella maggior parte dei casi (se non sempre), Booking.com la fa da padrone attirando su di se milioni di clic. A volte con mezzi non proprio ortodossi, ma questa è un’altra storia.
In questo modo, “aprendo la disponibilità” su Booking.com, la struttura aveva la possibilità di essere “scelto” tra i possibili candidati meritevoli di un ulteriore approfondimento da parte dell’utente.
Ed eccoci così allo step successivo.
L’utente dopo aver selezionato un numero limitato di strutture, inizia la ricerca di un contatto diretto e anche questa volta lo fa utilizzando un un motore di ricerca (Google nel 90% dei casi), ma a differenza della precedente con una ricerca più specifica.
Solitamente digitando il nome della struttura che ha selezionato su Booking.com.
I motivi sono diversi:
Ottenere una tariffa migliore (gli utenti sono più intelligenti di quanto tu possa credere) o per avere un servizio incluso che magari sulle Ota è a pagamento, l’obiettivo finale dell’utente è quello di cercare il contatto con la struttura ricettiva.
E la cosa spesso funzionava.
“Aprire” quindi la disponibilità su Booking.com corrispondeva quasi sempre ad un incremento veloce ed immediato del numero di richieste e di prenotazioni dirette. A patto ovviamente di presidiare il percorso con gli strumenti giusti.
In sostanza dunque, Booking.com investe i suoi miliardi in pubblicità, sviluppo e analisi di neuromarketing, noi invece, proviamo a sfruttarlo cercando di “rubargli” prenotazioni dirette.
Lungi da me dal voler semplificare o di creare un dibattito analizzando le percentuali di efficacia e sull’efficienza degli strumenti di supporto della strategia (Campagne a protezione del brand, sito performante, addetti al booking preparati, vantaggi della prenotazioni online attivi, e così via), il punto non è questo.
Quello su cui voglio soffermarmi è che oggi, tutto questo viene messo seriamente in discussione!
Impensabile fino a qualche settimana fa.
Ma è quello che oggi sta succedendo.
Forse questa, è la grande occasione. La grande occasione per riscrivere e rimettere in discussione le gerarchie dell’ospitalità così come lo conosciamo.
La verità emersa (ancora una volta), qualora non fosse ancora chiara è una ed una soltanto: Booking.com in quanto Ota è un grossista.
I grossisti non fanno e non faranno mai gli interessi dell’offerta, ma soltanto della domanda.
Ecco perché allora Booking.com, da quando è iniziata la pandemia ha fatto semplicemente i suoi interessi (giustamente) e quelli dei suoi clienti (e una volta per tutte, non sei tu in quanto albergatore, gestore, affittacamere, b&b, ecc) restituendo importi a destra e a manca in barba agli accordi presi con le strutture, appellandosi alle “solite” cause di forza maggiore.
Fargli causa, creare una class action, cercare di convincerli a rivedere le proprie scelte è inutile se non in ottica di un cambiamento. Ma un vero cambiamento.
Pensare di poter continuare a lavorare come abbiamo fatto fin’ ora, dando a Booking.com (e alle Ota in generale) l’onere della promozione e della divulgazione del brand o meglio, dell’illusione della divulgazione del brand, è altrettanto impensabile, un po’ come immaginare la sua crisi.
È sotto gli occhi di tutti.
Alle Ota non interessa se il tuo fatturato dipende dall’80/90% da loro.
Non interessa se la tutela dei suoi clienti significa metterti in ginocchio. In caso di necessità, “difenderà” sempre ed esclusivamente i suoi clienti (e se stesso!) a tuo discapito. E te l’ha dimostrato ampiamente.
Continuare ad essere parte della filiera “produttore-grossista-consumatore” dove il grossista è l’Ota, equivale ad esporsi come se non più di come abbiamo fatto oggi: i primi ad essere sacrificati.
Un nuovo modo di lavorare è possibile, ma non sarà facile come “aprire” la disponibilità su Booking e aspettare che arrivi la prenotazione.
Oggi però a differenza di qualche settimana fa, abbiamo due grandi opportunità: da un lato fare sistema, imparando a ragionare più da alleati e meno da nemici.
E non è una cosa nuova, tantissimi sono i settori in cui questo accade. Forse è ora di iniziare a farlo seriamente anche nel mondo dell’ospitalità.
Questo ovviamente non significa sostituirsi ad esso (Booking), ma semplicemente provare a vedere da un altra prospettiva. Un modo nuovo di operare. È chiaro anche che ci sono players (Google?) che da anni tentato di spodestare il re indiscusso delle prenotazioni, e sono convinto che, qualora ci fosse la possibilità proveranno sicuramente a sostituirlo.
La seconda, grande opportunità è quella legata alla specificità della singola struttura. Grande, media, piccola o piccolissima che sia.
Uscire dalla standardizzazione e dall’omologazione portata all’estremo dalle Ota (basta scorrere la serp di Booking per accorgersi quanto sembrino tutte uguali le strutture presenti) è un passo importante per distaccarsi definitivamente dall’unico valore per cui una struttura viene valutata e poi scelta: il prezzo.
Se tutte le strutture sono uguali (o se vengono percepite così) porta l’utente a scegliere solo ed esclusivamente in base al prezzo. La morte del turismo.
Per tutti e in particolare per le strutture che utilizzano le Ota come unico canale, sarà un lavoro duro e faticoso. Imparare a lavorare sul brand, intercettare un cliente direttamente, formare (e/o formarsi) per gestire una trattativa, scoprire il fantastico mondo delle campagne ads e i social sono solo alcune delle sfide che ci troveremo ad affrontare.
È la sfida a cui siamo chiamati per operare il cambiamento.