Come cambia il concetto di lusso nel 2021
Stacchiamoci subito dall’idea di lusso inteso come opulenza, ricchezza e puzza sotto il naso.
Oggi lusso è ben altro.
Obiettivo per certi versi più semplice da raggiungere rispetto al passato, per altri versi, invece, ben più complesso.
Mettiamola così: un hotel 5 stelle lusso talvolta può non essere in grado di farmi vivere un’esperienza perfetta, come può capitare che un agriturismo sugli Appennini mi faccia venire voglia di cristallizzare il tempo facendomi perdere ogni interesse diverso dal qui e ora.
Mi è capitato di venire via da alberghi rinomati, riconosciuti e blasonati con un sì, notevole, ma…, e di terminare un soggiorno in un piccolo hotel senza piscina, senza SPA e senza accesso diretto al mare con gli occhi lucidi e una gran voglia di non andare più via.
Come è possibile?
Vediamo cos’è il lusso oggi, punto per punto.
Lusso è personalizzazione del servizio
Se ne parla tanto, a tutti i livelli.
Ad un certo punto si è capito che la standardizzazione del prodotto e del servizio rende tutto più facile, scalabile, efficiente ed economico.
Quasi contemporaneamente si è capito anche che così ci si stava perdendo qualcosa.
Noi standardizziamo, e l’ospite è sempre meno contento.
Perché l’ospite è una persona, e siamo tutti diversi. Ognuno di noi, al di là degli acquisti di prodotti turistici, è disposto, per motivi vari, fra cui il prezzo, o le tempistiche di consegna del servizio o prodotto, a scendere a compromessi.
IL LUSSO PERÒ, NON SCENDE MAI A COMPROMESSI.
Mi era stata assegnata una camera con vasca idro sul terrazzo.
Avendo clientela prettamente nordeuropea, per prassi in questa struttura la temperatura dell’acqua viene proposta a 33 gradi, perfetta per tutti coloro che nascono dal Tirolo in su.
Mi vengono in mente i russi che arrivavano a Riccione per fare shopping invernale e con l’occasione facevano lunghi bagni al mare a gennaio, con un filo di gas, sotto i nostri attoniti sguardi imbacuccati stile Lapponia.
Ma torniamo alla vasca idro.
Siamo a colazione, la persona che è con me alloggia in un’altra camera mi chiede se la sera prima ho fatto il bagno in terrazza, ho risposto che no, non ce l’ho fatta. Per me ci vogliono almeno 37 gradi, meglio ancora 38.
La conversazione è avvenuta sussurrando (la sala era silenziosissima) ed un cameriere andava e veniva portando prelibatezze, in modo discreto.
La giornata trascorre altrove, e quella stessa sera, stanca ma felice di essere in un bel posto, mi cade l’occhio sul display luminoso della Jacuzzi: 38 gradi.
Uno dei bagni in terrazza più memorabili della mia vita.
Altro episodio: torno in un hotel per la seconda volta, dopo 4 mesi dal precedente soggiorno, sempre con le stesse persone.
Ad un componente del gruppo è stata offerta una tisana appena messo piede nella hall, ad un altro è stato tolto il bicchiere del vino appena ci siamo sistemati a tavola.
Il personale si ricordava i gusti e le abitudini di ognuno di noi, uno per uno.
Siamo distanti da quei posti in cui alloggi per una settimana e tutti i giorni ti chiedono se vuoi lo zucchero di canna oppure quello bianco e tu tutte le sante volte rispondi che il caffè lo prendi amaro.
So cosa stai pensando: eh, facile, bisogna vedere quante camere ha l’albergo, e quanto pagano! Vatti a ricordare i gusti specifici di ogni ospite che hai in casa, quando sono 180!
Certo, sono d’accordo sul fatto che più la struttura è piccola e più è facile andare di fino, però la realtà ci mostra che non è impossibile. Bisogna “solo” avere più personale, formato e appassionato (non ho detto qualificato, perché quella è la base).
Una precisazione sull’obiezione “bisogna vedere quanto pagano”.
NON È IL PREZZO A FARE IL LUSSO. IL LUSSO FA IL PREZZO.
Certo, nella nostra testa lusso è affreschi sui soffitti a volta, lampadari di cristallo, opere d’arte alle pareti.
Trascorrere qualche giorno in un posto tanto diverso dalle nostre case, tipo un castello, è un’esperienza interessante, perché no?
L’Italia è piena di castelli, quelli veri, con le torri e le mura di cinta, con corridoi larghi 10 metri e saloni che potresti farci 4 appartamenti.
Molti di questi castelli appartengono a privati, che ne hanno fatto B&B o poco più. Tutto molto bello, effetto wow assicurato però… spesso la temperatura della camera non è ottimale, e la persona di riferimento presente in struttura non è in grado di risolvere la cosa.
Oppure chiedi la ricotta di capra a colazione (richiesta fatta al momento della prenotazione, quindi con anticipo) e ti rispondono che non è possibile averla. Al limite di mucca, ma anche quella non è garantita perché “non fa parte del menù”.
Sono esempi ovviamente ?
A proposito di alberghi grandi, ero in un gigantesco Hilton a Dubai, qualche anno fa, e al di là degli arredi ricercati, del cibo squisito, del personale super attento e sorridente, delle comodità tecnologiche di cui era disseminata la stanza, mi sono rimasti impressi due episodi.
- Esco dalla stanza in tenuta ginnica, entro nell’ascensore e magicamente sbuca dal nulla un addetto che con un sorriso seleziona per me il piano in cui si trova la palestra. Senza di lui avrei letto tutta l’informativa sulla pulsantiera cercando la palestra in mezzo alla miriade di pertinenze presenti in quell’albergo.
2. Vado a correre in spiaggia, lì fa notte presto in primavera, non lo avevo calcolato. La temperatura scende e già mi preoccupo per la cervicale che sicuramente mi verrà a trovare.
Mi maledico per aver dimenticato di portare un asciugamano. Quando decido che è ora di tornare in camera prima che mi venga un coccolone, noto, su un lettino in prima fila, una borsa brandizzata che mi ha tenuto in caldo un asciugamano morbido e profumato. Legato con un nastro alla borsa, un biglietto con scritto il mio nome.
L’albergo contava circa 400 camere.
Personalizzazione del servizio, a volte, si può mascherare con “procedura definita e condivisa”, così tutto si semplifica. Mi spiego con un esempio.
Ero a Bergamo, da sola e per lavoro, appena prima che scoppiasse il pandemonio che conosciamo.
Decido di dormire in un gran bell’hotel ai bordi dell’aeroporto. Scendo a cena, e vengo accompagnata ad un tavolo piccolo, apparecchiato per due in modo molto curato.
Prendono in consegna il cappotto, mi lasciano sistemare e subito mi portano il menù. Mentre lo studio, con discrezione e senza produrre un suono, tolgono il coperto del mio commensale fantasma, e non solo.
Tolgono anche la sedia, e la portano via dalla sala.
Ecco le mie considerazioni:
- Nessuno mi ha posto la sgradevole domanda “Aspetta qualcuno?”. Hanno semplicemente agito. Lo sapevano già che ero da sola, segno che il passaggio di informazioni in quell’hotel funziona alla grande.
- L’assenza della sedia di fronte a me porta gradevolmente verso zero la percentuale di probabilità che qualche malcapitato si avvicini tentando un qualsivoglia approccio.
- Una sedia vuota porta con sé un ineluttabile senso di assenza. Per far sparire lui, basta far sparire lei. Mi sono gustata un ottimo primo, seguito da un dolce, felice come una Pasqua. Perfettamente a mio agio in un ristorante bellissimo.